Scritti

Teatro


Titolo:
BIGONZETTI, ULTIMO ODISSEO

Tecnica:
n.d.

Dimensioni
n.d.

Note:
da Informart – febbraio ’99

BIGONZETTI, ULTIMO ODISSEO


“Di molti uomini la città vide e conobbe la mente. . . .”. Il verso omerico pare subito evidente essere il punto di partenza e il senso di Mediterranea, l’affascinante coreografia di Mauro Bigonzetti per il Balletto di Toscana. Dove il Mediterraneo, il mare nostrum dei romani, culla di Venere ma anche teatro di sanguinose epiche battaglie, che si insinua come un immenso lago in medium terrarum, avvicinando le rive di tre diversi continenti, pare designato dagli dei a portare desideri di progresso e conoscenza, obbligando, nella sua circolarità, i popoli a incontrarsi e confondersi, ma soprattutto ad attrarsi per quella speciale qualità che più di ogni altra ha spinto l’uomo a conoscere l’altro uomo ( … fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza …).


Il palcoscenico diventa così la grande superficie liquida segnata da rotte e la danza, spogliata di ogni tentazione di sapore folcloristico, trasporta gli uomini con le loro passioni estreme “ perché estreme sono le passioni degli uomini mediterranei” - dice Bigonzetti -, con le loro curiosità e bisogni, con la loro arroganza, con i loro contrasti ma anche con il loro forte desiderio di incontrarsi, raccontati con una coreografia “abbagliante nelle sue dinamiche scattanti, nei lampi di energia che guizzano dai corpi vigorosi dei solisti, , nell’ultimo passo a due d’amore o nel potente duetto maschile che apre lo spettacolo, con i due personaggi, fil rouge, che ci accompagnano in questo travolgente periplo coreografico e che, con lievi tocchi simbolici, vogliono ricordarci l’altro da sé” (Silvia Poletti).


In questo viaggio alla ricerca del suo Mediterraneo, Bigonzetti ha trovato la sua forte ispirazione in musiche tradizionali greche e turche, ma anche in brani di autori classici e contemporanei fra cui il sardo Antonello Salis.


Abbiamo voluto vedervi anche un viaggio nella modernità, quella modernità che rivendica le specificità e l’autonomia dei singoli e dei gruppi e che prepotentemente si insinua e resistenzialmente si incunea nel grande oceano oleosamente vischioso di quest’altra modernità, quella modernità globalizzante destinata ad inghiottirci tutti.


Mediterranea è tutto questo e tutto questo abbiamo recentemente, e con piacere, visto a Sassari al Teatro Verdi.