Scritti

Teatro


Titolo:
Godot non è arrivato

Tecnica:
n.d.

Dimensioni
n.d.

Note:
Da Informart – Sett. ’98

GODOT NON E' ARRIVATO


Una compagnia di attori, in attesa del regista, Godot appunto, prova e riprova, in ordine sparso, le tante scene dell’ultimo spettacolo in allestimento.


Nell’ombra, Pierfranco Zappareddu, manovra i fili dell’azione, un’opera allucinata e carica di suggestioni espressioniste dove i personaggi, tra delicati brividi e improvvise violenze, diventano protagonisti di momenti essenziali, inesorabili, dell’esistenza, tormentati viaggiatori di un itinerario tortuoso e a volte sofferto che vivono, in questo loro peregrinare, con crudi accenti di autenticità, l’incanto dell’erotismo e dell’ebbrezza, il richiamo suadente del denaro, il dolore dell’autodistruzione, la catarsi della morte, in un percorso che ci attraversa tutti e ci trascina perentoriamente nel vortice di una ballata tragica, “tra la copula e la morte: la morte che grida e reclama e la vita che dura una notte”.


Un incubo personale, questo “Martha”, che mette a nudo, con noi, anche il suo autore che torna, dopo una lunga assenza, alle scene (chi non ricorda, a cavallo fra i ’60 e i ’70, quell’esordio prorompente, al vecchio Auditorium di piazzetta Dettori, del “Teatro Studio” da lui diretto, con quel “Marat Sade” di Weiss che a mala pena mascherava le ansie ma non la ribellione del giovane regista che, con la nuova frontiera del “Maggio 68”, predicava una svolta radicale, vicina all’utopia, di forma e contenuti, con totale svincolo dalle regole del consumismo culturale e intelligente coinvolgimento del pubblico, o l’uso della rappresentazione come strumento di ben più alti orizzonti. Il suo lungo percorso con Eugenio Barba, il periodo da “emigrato” a Barcellona fino alla creazione del gruppo “Domus de Janas” col conseguente spettacolo “El entierro de la sardina”, o, ancora prima, quella “Storia dello zoo” di Albee, magistralmente dipinta con colori indelebili), proponendo uno spettacolo visionario e frastagliato, ambiguo e provvisorio “come fogli disegnati da una mano veloce e scartati in fretta dall’albo degli schizzi di un pittore (Walter Porcedda – La Nuova Sardegna).


Un grande affresco (oltre due ore di spettacolo) sul teatro degli anni Ottanta con occhio attento ai catalani de “La Fura dels Baus” e alla vitalità di certi spettacoli spagnoli o al cinema, in particolare, di Almodovar. Pierfranco entra con sfrontata irruenza nel teatro musicale, nel tempio borghese della fascinazione e dell’esotismo (con citazioni, mai con parodie) con una forza d’urto che investe come fiume in piena e smantella la liturgia delle certezze e della quotidianità, mediocre ripetizione di atti vuoti e insignificanti, portando alla luce il nascosto e si cela tra le pieghe della nostra coscienza.


Ironico e frizzante, lo spettacolo si snoda in una caleidoscopica sequenza di quadri spesso ben costruiti (una danzatrice davanti a un grande specchio che inquadra insieme sala e palcoscenico), fino a raggiungere momenti di forte impatto drammatico: due personaggi su una lunga scala lambiti da una fredda luce radente evocano immagini di una sacra rappresentazione degne della più colta tradizione figurativa di arte sacra.


Fra gli attori, alcuni ancora un po’ impacciati, spiccano la brava Rosalba Piras e Rossana Mele. Tutti comunque hanno dimostrato passione e impegno, doti necessarie per affrontare ancora altri compiti difficili. La sensazione è quella di un lavoro nel complesso ben riuscito che resta nella memoria.





“Martha”, di Pierfranco Zappareddu. In aprile 1998 al Teatro delle Saline.


Gli attori: Valeria Cossu, Roberto Crobu, Laura De Pasquale, Massimo Maiorca, Rossana Mele, Anna Mereu, Anna Maria Musiu, Giuseppe Perria, Rosalba Piras, Tiziano Polese, Roberto Satta, Federica Sestu.


E Aurora Simeone, Bibiana Orgiana, Paolo Angioni (assistenti alla regia),


Marco Nateri, Adriana Geraldo (costumi),


Roberto Pellegrini, Renato Saba (tecnici).


Direzione artistica: Lelio Lecis.


Disegno della locandina: Annamaria Caracciolo.


Ideazione e regia: Pierfranco Zappareddu