IL ‘900 SBARCA A CAGLIARI
Dalla sommità del suo alto piedistallo il testone dorato di un Mussolini compiaciuto osservava sornione il numeroso pubblico che affollava le sale della restaurata Galleria Comunale di Cagliari, accorso in occasione della presentazione della “Collezione Ingrao”, acquisita nel 1999 dal comune e presentata in una cornice di grande evento mondano (in verità per certi versi giustificato), con tanto di banda musicale che ci ha subito sprofondato in un clima ormai lontano di spensierata italietta in ghette e cilindro che avrebbe strappato qualche lacrima sconsolata allo stesso caro De Amicis.
Qui non si tratta di sminuire il valore di una collezione riccamente dotata (250 opere fra quadri e sculture disposte con sapienza in 15 sale, più altre 250 “ordinate” al piano terra, quasi a riproporre la quadreria dalla quale provengono, secondo quel gusto del “caos” che caratterizzava le raccolte dei palazzi principeschi romani già dal ‘500, dando poi origine al concetto di museo), con opere che coprono un arco di tempo che va dalla seconda metà dell’800 fino a testimoniare, attraverso gran parte del XX secolo, quei movimenti artistici sviluppatisi a Roma, dal Secessionismo di inizio secolo agli anni della 2^ guerra mondiale, con escursioni nel dopoguerra fino agli anni ’80. E ancora meno di sottovalutare il valore di tanti artisti e delle opere (Morandi, Boccioni, Casorati, Balla, De Pisis, Severini, Dorazio, Rosai, Maccari, Music, per esempio), alcune delle quali raggiungono esiti alti quanto le opere degli stessi autori presenti in altre importanti collezioni pubbliche e private. Non si tratta neppure di misconoscere la grande opportunità che l’Amministrazione ha saputo cogliere, né di ignorare il gesto del donatore – Francesco Paolo Ingrao, nato a Lenola (Lt) nel 1909 e morto a Cagliari nel 1999 - o l’importanza delle donazioni, che anzi le amministrazioni dovrebbero sempre incoraggiare. Si tratta piuttosto di capire, data la vistosa assenza di molti a questa inaugurazione e la presenza massiccia di un pubblico distintosi invece per la sua assenza nelle manifestazioni d’arte fino a qualche anno fa ( e che ora, secondo qualche burlone, sembrava riflettersi, in un perfido gioco degli specchi , nelle tele di Mino Maccari), cosa è cambiato, come saranno orientate le proposte culturali, visto che recentemente si è passati da una colpevole negligenza delle varie amministrazioni degli ultimi vent’anni a un disordinato attivismo improntato alla più spavalda conclamazione dell’effimero, come spesso è accaduto all’ Exmà (a parte rari episodi come la mostra sull’illustrazione americana), con troppe proposte già preconfezionate “importate” senza una ragione comprensibile. Si aggiunga a ciò la prolungata inaccessibilità alla raccolta di artisti sardi del XX secolo e a quella nazionale di artisti degli anni ’60 e ’70, faticosamente messa in piedi dall’allora direttore della galleria Ugo Ugo, accantonate in attesa del restauro dell’edificio, ora però completamente occupato dalla Collezione Ingrao, ma che in futuro, secondo dichiarazioni ufficiali, saranno sistemate in altre sedi. Resta qualche dubbio. Non pochi hanno pensato che le due collezioni non godano di molte simpatie e che si preferisca “ascoltare” le voci di quella parte della borghesia cittadina, conservatrice e un po’ presuntuosa, che ha sempre guardato con sospetto le soluzioni dell’arte contemporanea, almeno quelle dagli anni sessanta in poi, e che ora, nostalgicamente, persegue sogni di un nuovo “ritorno all’ordine”.